«Problema antico e irrisolto, quello del Mezzogiorno d’Italia. Negli oltre 150 anni di vita dello Stato unitario la questione meridionale è stata sempre presente nella vita economica, sociale e politica del paese, attraverso tutti i regimi politici, tutte le forme di governo e tutte le stagioni. I suoi termini sono più volte cambiati, e anche radicalmente. Ma è convinzione dell’autore che la storia del Mezzogiorno nello Stato unitario, nonostante le attese deluse, sia stata comunque una delle più dinamiche e positive dell’area mediterranea, e sicuramente migliore di quella che sarebbe stata se avesse continuato a svolgersi nell’isolamento “tra l’acqua santa e l’acqua salata” di borbonica memoria».
Evocata, brandita, rivendicata, vituperata… si sprecano gli aggettivi per la questione più discussa e irrisolta della nostra storia contemporanea, la questione per antonomasia: quella meridionale; vale a dire la problematica di natura economica, sociale, antropologica e politica che corrisponde a una delle principali manifestazioni d’incompiutezza dell’Italia unita. Quella che qui si propone, in un numero limitato di pagine, è una sintesi essenziale ma completa delle sue principali tappe. Muovendo da una ricognizione delle origini preunitarie delle differenze Nord-Sud, il libro ricostruisce l’evolversi delle condizioni del Mezzogiorno e del ruolo da esso svolto nello sviluppo economico e sociale del paese. Alla luce dell’imponente bibliografia accumulatasi sul tema, si individuano alcune scansioni fondamentali. A una prima fase, dal 1861 al 1887, in cui la condizione economica del Sud migliora e non perde terreno rispetto al Nord, anzi, il Sud è fattore propulsivo dello sviluppo capitalistico del paese, segue una seconda, dal 1887 alla fine della seconda guerra mondiale, in cui, se la situazione del Mezzogiorno migliora sensibilmente, la sua economia resta eminentemente agricola, mentre al Nord parte un’industrializzazione diffusa e superiore: il dualismo assume dimensioni senza precedenti, in termini sia di Pil che di configurazione produttiva. Dagli anni cinquanta alla metà degli anni settanta, la svolta: grazie anche all’intervento straordinario, per la prima volta si registra un dirottamento di risorse da Nord a Sud che fino al 1973 produce un parziale recupero in termini di struttura produttiva, Pil e consumi; da società rurale il Sud si trasforma in società terziarizzata. È questo un periodo cruciale in cui, secondo l’autore, lo Stato ha tutte le carte per vincere la partita dell’effettiva unificazione; ma non lo fa, sceglie di non affrontare in maniera decisiva la «questione» e di seguire un’altra strada, quella che ci ha condotto alla fase attuale, in cui la crisi internazionale coinvolge il Mezzogiorno in misura più accentuata sia rispetto all’Italia che all’Europa: il divario torna alle dimensioni dei primi anni cinquanta. Il Mezzogiorno diviene fattore di rallentamento, se non di blocco, dell’intera economia nazionale e non solo: non si tratta più di una questione italiana, ma di una questione europea. Eppure recenti segnali di risveglio economico ci sono, e l’Italia ha gli strumenti e le energie per consolidarli: fondamentale sarà fare tesoro del passato e in prospettiva riprendere e portare avanti con fiducia il cammino della convergenza che era stato bruscamente interrotto.Book details
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Guido Pescosolido
Guido Pescosolido è ordinario di Storia moderna nell’Università di Roma «La Sapienza». Ha insegnato nelle Università di Messina, della Tuscia, di Napoli Federico II, Roma Tre e Luiss. Tra le sue pubblicazioni sulla storia economica, sociale e politica dell’Italia dal secolo XVII ai nostri giorni ricordiamo: Terra e nobiltà. I Borghese. Secoli XVIII e XIX (Jouvence, 1979); Agricoltura e industria nell’Italia unita (Laterza, 20044); Unità nazionale e sviluppo economico in Italia. 1750-1913 (Edizioni Nuova Cultura, 2014); Nazione, sviluppo economico e questione meridionale in Italia (Rubbettino, 2017).