«Non avevo molta voglia di parlare di me. Questa difatti non è la mia storia, ma piuttosto, pur con vuoti e lacune, la storia della mia famiglia», scriveva Natalia Ginzburg in Lessico famigliare. Chi parla si nasconde, si mette in secondo piano, perché i protagonisti sono gli altri membri della famiglia. Una simile operazione avrebbero compiuto nei decenni successivi autori come Marguerite Yourcenar, Günter Grass, Annie Ernaux, Oriana Fallaci, impegnati nel percorso a ritroso lungo i rami del proprio albero genealogico. Si realizza così un curioso rovesciamento: il discendente, colui che è stato generato, si trasforma in creatore, colui che genera i propri antenati riportandoli in vita sulla pagina scritta, o che quanto meno li osserva inosservato. Un’operazione ambigua, in cui, inevitabilmente, l’occhio di chi osserva ha un peso, più o meno rilevante. Il risultato è un genere ibrido, al confine tra il romanzo storico e le molteplici forme di scrittura del sé. Il rapporto tra verità e invenzione, i discorsi a tavola e i «lessici» condivisi, il sentimento di appartenenza alla propria classe sociale, l’incrocio tra individuale e universale, privato e pubblico, la storia collettiva guardata attraverso il filtro della storia privata sono solo alcune delle questioni affrontate. Un genere, quello delle «memorie di famiglia», che nelle esperienze più recenti si arricchisce di nuove modalità espressive – con il graphic novel – e mostra un’insospettata vitalità. La crisi della struttura familiare tradizionale si traduce spesso nell’impossibilità di realizzare un vero romanzo genealogico, solido e compatto; eppure, di fronte a una famiglia che si rivela organismo fragile, minacciato da più fronti, più urgente si fa il bisogno di costruirne le memorie: nel suo precario equilibrio, e nella possibilità di preservarlo almeno nel ricordo, risiede uno dei motivi di fascino che lo spazio domestico e le storie di famiglia continuano a esercitare su studiosi, lettori e spettatori del nostro tempo.
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Italian -
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About the author
Elisabetta Abignente
Elisabetta Abignente, docente di letterature comparate nell’Università Federico II di Napoli, è autrice di Quando il tempo si fa lento. L’attesa amorosa nel romanzo del Novecento (Carocci, 2014), In eredità l’altrove. Andreï Makine all’incrocio tra due mondi (Ad est dell’equatore, 2018) e di saggi dedicati all’opera di Proust, Mann, García Márquez, Ginzburg, Barthes, Tondelli, Ernaux. Ha collaborato al manuale di Letterature Comparate a cura di Francesco de Cristofaro (Carocci, Roma 20202). Con Emanuele Canzaniello ha curato Le attese, il secondo volume dell’Opificio di letteratura reale (Ad est dell’equatore, 2015).