Nel 1222, per la prima volta, è ricordata l’attività di professori e studenti nella città di Padova. All’inizio non esisteva un’organizzazione rigida e le lezioni avvenivano in spazi messi a disposizione da enti religiosi o dagli stessi maestri, nel cuore della città medievale. A metà del XVI secolo iniziò la costruzione del Bo, nell’area nevralgica della Patavium romana, inglobando strutture preesistenti, per offrire una sede monumentale in grado di rappresentare il ruolo attribuito allo Studium dallo Stato veneziano. I capolavori della stagione cinquecentesca – dal Teatro anatomico all’Orto botanico – riflettono nelle forme il pensiero di intellettuali, umanisti e scienziati. Un tratto specifico della vita intellettuale del tempo consiste nella convivenza tra la prestigiosa tradizione di studi filosofici dell’Università e figure di letterati dell’autorevolezza di Pietro Bembo, che sceglie la città per la stesura delle Prose della volgar lingua, testo fondativo della lingua italiana. Tale connubio rende Padova un polo di attrazione per filosofi e letterati provenienti da varie parti d’Italia e d’Europa che si incontrano nelle accademie, come pure in alcuni importanti palazzi privati, sedi di prestigiose collezioni. Dopo l’Unità d’Italia, l’Università riprese la sua vocazione diffusiva all’interno del contesto urbano, utilizzando talora prestigiosi edifici – come Palazzo Cavalli – già ricchi di una loro storia pregressa. Nella prima metà del Novecento, con la creazione dei Consorzi edilizi, s’aprì una stagione di fervidi lavori, con la costruzione e decorazione di nuovi poli didattici (lo sviluppo dei complessi nell’area del Portello e la realizzazione del Liviano) e la sistemazione della sede centrale. L’Ateneo si trasformò in un laboratorio d’arte fra i più celebrati del paese. Nel secondo dopoguerra, in una fase di forte espansione del numero degli studenti, acquisì numerosi edifici storici in città e nel territorio, per poi dare l’avvio a quel processo di rigenerazione urbana che qualifica la politica edilizia degli ultimi rettorati con il coinvolgimento dei grandi nomi dell’architettura per la realizzazione di nuovi complessi. Oggi il sapere universitario accetta la sfida incorporea dell’etere, ma solo per dirsi fedele agli otto secoli di magistero e ricerca, integrati, dipinti e scolpiti nel tessuto architettonico e artistico di Padova. Perché non c’è mente che senza corpo basti a se stessa.
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