La voce spezzata

La voce spezzata

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Praticato fin dal Rinascimento, è con il Romanticismo tedesco che il frammento assurge a genere vero e proprio, divenendo quell’«assoluto letterario» al quale la poesia affida la sua speranza di cristallizzare l’unicità dell’esperienza, forse il modello stesso della scrittura moderna. L’ampio percorso tracciato da questo libro di Fabio Scotto, il primo che affronti la questione dalla prospettiva delle poetiche e non della mera teoria di genere, si colloca nell’evoluzione storica delle forme che ha nell’avvento del «poème en prose» simbolista il suo momento apicale e nell’eterodossia espressiva d’inizio Novecento un fecondo laboratorio di soluzioni immaginarie. Delineando da Nietzsche a Barthes l’orizzonte estetico fondativo novecentesco, Scotto prende in esame alcune delle figure maggiori della poesia francese contemporanea, da Char a Michaux, da Ponge a Leiris, o più appartate come Perros e Jourdan (e nel caso di Cioran troppo restrittivamente ascritte alla sola filosofia), fino alle cosiddette scritture lacunari, ovvero quella frangia del formalismo negativo che ha puntato alla cancellazione del soggetto autoriale e della figuralità poetica per elaborare una scrittura apparentemente priva di nessi causali e di pathos sentimentale o melodico. Ma la poesia, anche quando franta o ellittica, mantiene sempre un rapporto con l’immediatezza sensibile che ne fa una respirazione mentale, un silenzio teso fra una parola e l’altra, malgrado la sordità dei tempi, o l’urlo che lacera, come in Artaud, l’indifferenza del mondo con una parola arcaica resa puro suono. Ne emerge un universo ricco e vitale nel quale istanze formali radicali s’alternano ad approcci più sensibilmente vicini all’esperienza del vivere, in un’intermittenza del continuo vocale qui esplorato fino al limite indiscernibile fra l’ordine e il disordine, che è poi il magma odierno.

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