Sono passati vent’anni da quella «notte tempestosa e buia» che ha chiuso in maniera così tragica e fatale la vicenda de I tre moschettieri. Da allora, i quattro moschettieri hanno perso la consuetudine di vita comune che li aveva così tanto legati. Sono diventati uomini fatti, in un contesto storico che intanto è profondamente mutato. Richelieu è morto, al suo posto c’è il nuovo dominatore della scena politica francese, il cardinale Giulio Mazzarino. Anche Luigi XIII è morto, lasciando sul trono un successore bambino, che governa sotto la reggenza della madre, Anna d’Austria; attorno a loro, le turbolenze politiche più esasperate, i moti della Fronda. I quattro amici hanno preso strade diverse: Athos, il conte de la Fère, vive nella sua tenuta di Bragelonne con Raoul, il ragazzo di cui è tutore; Porthos si è arricchito e ha acquisito un titolo nobiliare, ma vive con mille frustrazioni la sua nuova condizione; Aramis, divenuto l’abate d’Herblay, pare essersi rinserrato nella sua vocazione religiosa. Solo d’Artagnan continua a prestare servizio nei moschettieri, con la stessa immarcescibile fedeltà e con lo stesso grado di tenente con cui lo avevamo lasciato. Quale combinazione di eventi, quale irresistibile attrazione, quale volontà, quale destino li riunirà di nuovo? I quattro si ritroveranno tutti nell’Inghilterra sconvolta dalla Rivoluzione: d’Artagnan e Porthos, incaricati da Mazzarino di consegnare una missiva a Cromwell; Athos e Aramis, mandati da Enrichetta di Francia a portare aiuto a suo marito, il re Carlo I. Qui si troveranno implicati nelle mille volute della «grande storia» e braccati da un passato che ritorna nelle vesti di Mordaunt, il figlio-spettro di Milady. Scampati dopo le più incredibili peripezie ai tumulti della Rivoluzione inglese e tornati in Francia, saranno chiamati ancora, a quarant’anni come a venti, a misurarsi coi valori della lealtà e dell’amicizia. Ma vent’anni non passano invano. Come nota acutamente Claude Schopp nella sua introduzione, «Vent’anni dopo è il romanzo della maturità, del disincanto sentimentale e del cinismo, dei compromessi con la società, delle negoziazioni». Emblema assoluto del sequel, giocato su un’incredibile capacità di evocare e di spiazzare, di chiudere il cerchio della narrazione per poi immediatamente riaprirlo con un improvviso colpo di scena, Vent’anni dopo non solo mantiene l’elettricità narrativa de I tre moschettieri, ma la porta forse a un esito letterario ancora più felice, in un crescendo di emozioni in cui i personaggi sanno incarnare un’umanità precisa, matura, finalmente adulta. Il romanzo, presentato nella nuova traduzione italiana di Camilla Diez – vincitrice del Premio Babel 2015 proprio per il rigore e la qualità della sua traduzione dei Tre moschettieri –, è impreziosito dalle suggestive tavole di Federico Maggioni e corredato di una puntuale introduzione storico-critica di Claude Schopp e di un minuzioso Dizionario dei personaggi e delle persone.
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Sull'autore
Alexandre Dumas
Alexandre Dumas (1802-1870) è stato il maestro del romanzo storico e d’avventura. Da qualche anno rivive in Francia una stagione di riscoperta che, grazie alla paziente cura dello studioso Claude Schopp, sta riportando alla luce alcuni dei suoi capolavori rimasti nell’ombra in seguito al successo schiacciante dei più noti Tre moschettieri, Il conte di Montecristo e tanti altri. Di Dumas, Donzelli ha pubblicato La guerra delle donne e Sylvandire. Les Frères corses, uscito per la prima volta in rivista nel 1844, è entrato solo di recente nel canone dei capolavori dumasiani: l’ultima edizione italiana precedente a questa risale addirittura agli anni trenta del Novecento. Lunghissima è invece la storia degli adattamenti cinematografici: ben dodici messe in scena, da quella del 1917 a quella italo-francese, realizzata nel 1962 per la regia di Anton Giulio Majano. Conosceva bene i racconti di Hoffmann e lo ammirava, al punto che lo ritroviamo come personaggio di una delle sue storie, La femme au collier de velours (1851), dove Dumas lo fa innamorare di una ballerina.