Con guance rosse, spilli di freddo nelle mani, la sciarpetta di lana grezza che incendiava il collo, ci lanciavamo dal centro della nostra Via Lattea ai confini del cortile, dentro il bianco inesauribile di quel gennaio, un sibilo, quattro secondi, un secolo – fine dell’era glaciale, inizio del fango. La grande nevicata è una raccolta concepita in piena pandemia e plasmata dalle claustrofobie (e claustrofilie) generatesi in questo biennio, al termine segnato dalla guerra in Ucraina e dal riemerge della minaccia nucleare, dell’ombra fascista sul futuro dell’Europa. Eppure questa di Federico Italiano – voce del 1976, già affermata in Italia e In Europa – è una raccolta non schiacciata sull’oggi, un attraversamento del presente che tiene per mano la bussola della memoria, in una perenne oscillazione tra eventi, oggetti e habitat di un poeta nato in Piemonte nel pieno degli anni di piombo ma cresciuto nella generazione post-sessantottesca. Non-generazione cui è interdetto concepirsi come politica, rivoluzionaria, adulta, collettiva. Come ne “La grande nevicata del 1985” – testo centrale e title track del libro – nata dal ricordo di quella grande gelata che, dal Nord al Sud, invase l’Italia a metà anni Ottanta e resta ancora epos nello stupore di molti adulti al tempo bambini. L’eccezionalità di un evento atmosferico in grado di segnare uno spartiacque nella vita dell’io e rispetto agli eventi storici contemporanei (il “disgelo” nella Guerra Fredda, l’ascesa nel 1985 di Gorbaciov) coniugando ricordo e meteorologia, erotismo e riflessione filosofica, infanzia e vita adulta tramite un lavoro formale e consustanziale sulla memoria e i suoi oggetti infantili (il passamontagna, le tipologie di memoria della neve). Un moto perpetuo tra passato e presente capace di evidenziare le tendenze di una poesia mossa, sin dall’infanzia, più dall’intelligenza del gioco che dall’azione diretta calata negli eventi della storia. Come nel gioco “Calumet” (una sciarada che durante il lockdown diventa archeologia cognitiva), o in “Allenamento nella nebbia” (la nebbia comune denominatore che lega una corsa autunnale in un parco di Vienna agli allenamenti di calcio da ragazzo). Come in “Walkie-talkie” (ricetrasmittente dell’infanzia che funge da correlativo oggettivo del presente) o in “Yeti”, dove la “linea della neve” diviene spazio liminale tra realtà e immaginazione, infanzia e vita adulta. Autobiografia e storia.
Elisa DonzelliBook details
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Publisher
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Original text
Yes -
Language
Italian -
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Italian -
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